Dichiarazioni incredibili su Michael Jordan, il fuoriclasse viene ridimensionato: i tifosi restano a bocca aperta
Passano gli anni, ma nessuno tra gli appassionati di basket, e in particolare di NBA, può dimenticare la straordinaria epopea dei Chicago Bulls, in grado di vincere sei titoli dal 1991 al 1998 trascinati da una leggenda vivente come Michael Jordan, per molti il più grande cestista di tutti i tempi. Eppure, ricordando quel periodo, c’è chi negli ultimi tempi ha cercato di ridimensionare MJ, dando maggiori meriti a un altro grande protagonista degli anni Novanta.
In particolare nella stagione 1995/96, quella del quarto titolo NBA dei Bulls, arrivato dopo il primo dei tre ritiri di Jordan, nonostante una straordinaria cavalcata nella regular season e nei playoff, la vittoria arrivò solo dopo una grande serie nella finale playoff, conclusa dopo sei partite tirate contro i Seattle SuperSonics. Partite che videro MJ ovviamente protagonista, tanto da essere nominato MVP di quelle finali. Per qualcuno, però, il vero trascinatore della franchigia di Chicago in quelle finali fu un altro.
Questo almeno è il pensiero di Shawn Kemp, leggenda dei SuperSonics. Intervistato negli ultimi giorni all’interno del podcast All the Smoke, l’ex cestista è tornato su quelle partite storiche, togliendo meriti all’amatissimo e indimenticabile Jordan per darne a un suo compagno di squadra. Il vero mattatore di quelle partite, dal suo punto di vista, non fu infatti lui, e nemmeno Scottie Pippen, ma un nome rimasto forse colpevolmente troppo ai margini.
Colpo di scena, Michael Jordan ridimensionato: dichiarazioni incredibili sui Chicago Bulls
Se i Bulls riuscirono ad arrivare al quarto titolo, in quella stagione così importante, il merito maggiore fu di Dennis Rodman. Almeno secondo il parere di Shawn Kemp. “Non è stato Michael a batterci, gli stavamo sempre addosso“, ha spiegato l’ex giocatore, senza troppi giri di parole: “Fu Rodman a batterci. Non sapevamo come limitarlo. Ogni volta che ai Bulls serviva un secondo tiro o qualcosa di speciale, un rimbalzo extra, lui volava“.
Nella serie, in effetti, Rodman chiuse con una media di 14,7 rimbalzi, 7,5 punti e 2,5 assist, con picchi straordinari soprattutto in gara 6. Ma il suo più grande merito, secondo Kemp, fu un altro, forse sportivamente meno interessante, ma per certi versi anche più determinante.
A trasformarlo nella chiave per il successo dei Bulls furono infatti le sue stranezze. Con il suo comportamento bizzarro Rodman riuscì infatti a distrarre Frank Brickowski durante le sei partite, determinando di fatto la vittoria della franchigia di Chicago.
Racconta Kemp: “Rodman si presentava con delle lenti a contatto colorate con alcune labbra, era come se volesse baciare il braccio di Frank, e questo lui non riusciva a sopportarlo, lo ha sconvolto. Quindi sì, secondo me Dennis Rodman è un genio“. Una ricostruzione dei fatti non del tutto inverosimile se si pensa che Rodman è stato, a tutti gli effetti, uno dei personaggi più controversi della storia del basket dentro e fuori dal campo, dal flirt con Madonna all’amicizia, assolutamente improbabile, con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un.